La proposta di un censimento dei Rom presenti in Italia, per la massima parte cittadini italiani o comunitari, spinge a ricordare che il fascismo cominciò a schedare e a espellere le popolazioni nomadi, in particolare Rom e Sinti, già a partire dal 1926, considerandoli un problema di pubblica sicurezza. In seguito le politiche coloniali del fascismo furono ufficialmente improntate a posizioni razziste nei confronti delle popolazioni indigene. Infine nel 1938 Mussolini fece approvare le leggi razziali, che prevedevano la schedatura e vari tipi di discriminazione degli ebrei.
Italia e Germania furono così unite in politiche di persecuzione nei confronti di quelli che venivano classificati nemici politici, e aggregati
etnici e sociali considerati come un pericolo per la purezza della razza ariana. Questo atteggiamento produsse strumenti di repressione, tra i quali la costruzione, a partire dall’ingresso dell’Italia in guerra, di un diffuso sistema di campi di internamento, dove vennero rinchiusi anche “gli zingari”.
Questa esperienza tragica, che ha coinvolto il nostro Paese come promotore di politiche razziali, ci deve rendere particolarmente sensibili e reattivi ad ogni proposta di pratiche discriminatorie. Per tale ragione l’Istituto Nazionale “Ferruccio Parri” considera allarmante la volontà annunciata di sottoporre la minoranza Rom a non meglio definite forme di schedatura che, così come nel 1926, vengono oggi considerate necessarie per fronteggiare presunti problemi di convivenza e sicurezza.
L’Istituto Nazionale “Ferruccio Parri” ritiene che chi ha responsabilità politiche debba rispettare sempre i diritti di tutti, questione che definisce il tasso di democrazia di un Paese civile e trova riferimento e presidio nel dettato costituzionale.
Paolo Pezzino, Presidente dell’Istituto Nazionale “Ferruccio Parri” – Rete degli Istituti storici della Resistenza e dell’Età contemporanea
Milano, 29 giugno 2018