Caro Alfredo. Cara Riri
Caro Alfredo. Cara Riri. L’amore e la politica nella Rimini di inizio anni ’50
L’1 novembre 2022 moriva a 93 anni Alfredo Arcangeli. Storico leader comunista della CGIL riminese, di cui fu segretario generale dal settembre 1968 al 1980. I figli Fabio e Mirko hanno donato all’Istituto Storico della Resistenza di Rimini un ricco carteggio intercorso fra lui e la sua futura moglie, Cesarina Martinini per tutti Riri (nata l’1 maggio 1931 e morta il 4 febbraio 2020) nel corso dei 15 mesi del servizio militare negli anni 1951 e 1952.
Sono 399 lettere di Alfredo a Riri e 392 di Riri ad Alfredo. Il carteggio contiene lettere fra due giovani ventenni, entrambi impegnati in politica (Cesarina fra l’altro da marzo a luglio 1951 scrive ad Alfredo dalla Scuola del Partito Comunista di Faggeto Lario, in provincia di Como, dove partecipava ad un corso di formazione politica di cinque mesi per giovani donne), non ancora sposati (si sposeranno un anno dopo il ritorno di Alfredo dal militare il 5 febbraio 1953).
Per un anno e mezzo si scrissero praticamente tutti i giorni. Riri fungeva da bollettino quotidiano sulle notizie del partito a Rimini, Alfredo invece le raccontava la vita militare.
Tante lettere in cui rivive una storia d’amore e di politica all’inizio degli anni ’50 a Rimini.
Paolo Zaghini ci racconta cosa si scrissero, Alfredo e Cesarina, in quelle centinaia di lettere.
In occasione della 23. edizione di Quante storie nella storia. Settimana della didattica e dell’educazione al patrimonio in archivio, iniziativa volta alla divulgazione e valorizzazione del patrimonio archivistico degli istituti culturali della Regione Emilia-Romagna, l’Istituto storico ha realizzato un breve video per la sezione Quante storie nella storia: raccontacene una!
Donato all’Istituto Storico della Resistenza il carteggio fra il futuro leader della CGIL e Cesarina Martinini che sarebbe divenuta sua moglie
L’1 novembre 2022, moriva a 93 anni Alfredo Arcangeli. Storico leader comunista del sindacato riminese, la CGIL, di cui fu segretario generale dal settembre 1968 al 1980.
Da Alfredo, nel corso degli anni, avevo avuto occasione di farmi raccontare tanti passaggi politici da lui vissuti (quelli sindacali mi interessavano di meno), mi aveva concesso di riprodurre centinaia di sue foto di manifestazioni, congressi, incontri. Una quindicina di anni fa, quando vendette la casa di Torriana, mi chiamò dicendo che mi regalava tutti i libri che lì erano contenuti, che lui non sapeva dove mettere. Li andai a prendere con il camion del Comune di Coriano e i suoi libri vennero donati alla Biblioteca Comunale “Battarra” di Coriano. Ed in più occasioni mi parlò di un ricco carteggio intercorso fra lui e la sua futura moglie, Cesarina Martinini per tutti Riri (nata l’1 maggio 1931 e morta il 4 febbraio 2020) nel corso dei 15 mesi del servizio militare negli anni 1951 e 1952, dicendo che forse valeva la pena riprenderlo per le tante storie lì contenute. Poi, ad un certo punto, questo carteggio lo perse: una sera mi fece una telefonata per chiedermi se sapessi che fine avesse fatto, se per caso lo avesse dato a me. Ma così non era.
Pochi giorni dopo la sua morte il figlio Fabio mi chiamò per chiedermi se i libri di Alfredo, che ancora aveva a casa, potessero interessarmi. La risposta fu positiva: nei mesi successivi una parte venne collocata presso l’Istituto Storico della Resistenza, gli altri presso la Biblioteca “Del Monte” di Taverna a Montescudo-Monte Colombo. In occasione del prelievo dei libri parlai a Fabio del carteggio fra i suoi genitori, se ne sapesse qualcosa. Fabio mi disse che i contenitori delle lettere li aveva presi lui, nella paura che Alfredo li buttasse o li perdesse.
Fabio me li diede chiedendomi di dargli un’occhiata, per capire se i contenuti delle lettere fossero interessanti o meno. Con calma, nel corso dell’estate 2023, incominciai ad ordinare, in maniera cronologica, queste centinaia e centinaia di lettere tra Alfredo e la Riri. E la risposta la diedi a ottobre a Fabio: si valeva la pena conservare questo carteggio per le tante informazioni contenute nelle quasi 800 lettere (399 di Alfredo a Riri e 392 di Riri ad Alfredo). Più alcune altre decine di lettere inviate dai familiari (dalla mamma Augusta, dal fratello Guglielmo e dalla cognata Silvana Morelli, dal fratello Gino e dalla cognata Nilde Pecci) e da dirigenti del PCI riminese al militare Alfredo (Ilario Tabarri “Pietro”, Silvano Doghieri, i compagni della Sezione di San Giuliano). Da qui la decisione di Fabio di donare questo carteggio all’Istituto Storico della Resistenza di Rimini, con l’indicazione che esso dovrà essere conservato all’interno dell’Archivio del PCI riminese, gestito dall’Istituto Storico.
Il carteggio contiene lettere fra due giovani ventenni, entrambi impegnati in politica (Cesarina fra l’altro da marzo a luglio 1951 scrive ad Alfredo dalla Scuola del Partito Comunista di Faggeto Lario, in provincia di Como, dove partecipava ad un corso di formazione politica di cinque mesi), non ancora sposati (si sposeranno un anno dopo il ritorno di Alfredo dal militare il 5 febbraio 1953).
Per raccontare questa storia devo però necessariamente partire dal luogo di nascita dei due protagonisti. I tre fratelli Arcangeli nascono a la Castellaccia, in dialetto la “Castlaza”. E’ il ghetto di case fra il Corso d’Augusto, il vecchio Ospedale, Via XXIII settembre 1845 e il fiume Marecchia. Dall’altra parte del fiume il Borgo San Giuliano. Un rione malfamato, noto per le sue cinque “case chiuse” in Via Clodia, per le sue bettole animate, per il dormitorio comunale rifugio di una umanità derelitta. Ma qui era anche l’Ospedale (oggi sede dei Musei Comunali), ricavato da un vecchio convento. Qui viveva fra i suoi abitanti una forte tradizione antifascista, che portò numerosi suoi giovani ad essere combattenti partigiani contro i nazi-fascisti.
Una umanità fatta di tantissimi piccoli artigiani e ambulanti commercianti. Ma anche di laboratori di falegnameria, con artigiani di valore.
Guglielmo (nato nel 1924), Gino (nato nel 1926) e Alfredo (nato nel 1929) erano i figli di Salvatore (1897-1971) e Augusta Violani (1895-1981). Il padre, ex carabiniere, svolse poi mansioni presso la pesa comunale e il dormitorio. Accanito frequentatore delle osterie il padre, la crescita dei figli la si deve soprattutto alla madre, donna profondamente religiosa. Essa si preoccupò di far frequentare la scuola ai ragazzi sino alla quinta elementare e poi via verso l’apprendistato al lavoro. Guglielmo presso un idraulico, Gino e Alfredo presso i falegnami.
Alfredo, neanche quindicenne, tentò di raggiungere il fratello Gino, partigiano, nell’estate del 1944 in Valconca. Non ci riuscì, ma per un paio di mesi svolse attività di staffetta partigiana. Quando finalmente incontrò il fratello Gino, questi lo rimandò a casa.
Finita la guerra Alfredo si impegnò nell’organizzazione giovanile “Fronte della Gioventù” e, al momento del suo scioglimento nel 1948, fu indicato come primo coordinatore per la costituzione della Federazione Giovanile Comunista Riminese (FGCI). Incarico che poi passò a Giancarlo Zanuccoli.
Il Partito, alla nascita del Comitato di Zona il 18 novembre 1948, che doveva preparare il 1° Congresso della Federazione Comunista Riminese (che si tenne dal 29 al 30 aprile 1949), lo chiamò nell’apparato dei funzionari come responsabile dell’organizzazione del Partito nel comune di Rimini, tanto che entrando nel primo Comitato Federale eletto al Congresso, nell’elenco dei membri c’è scritto Alfredo Arcangeli, 21 anni, funzionario.
E poi l’arrivo della cartolina di chiamata alla leva: partenza i primi giorni di febbraio 1951 per il CAR presso la Caserma di Bari nel 1° Battaglione, 3.a Compagnia.
Riri nasce in una famiglia popolare allargata (lei è figlia di una madre single, Alba Martinini, sarta e titolare di un negozio di confezioni) alla “Barafonda” (San Giuliano Mare). Molto presente lo zio Adolfo. Sia lo zio che la Riri sono due attivisti della sezione, ma la Riri è impegnata anche con i giovani comunisti.
La loro storia d’amore nasce a maggio 1948: lui ha 19 anni, lei 17. Per un anno e mezzo si scrissero praticamente tutti i giorni. Riri fungeva da bollettino quotidiano sulle notizie del partito a Rimini, Alfredo invece le raccontava la vita militare (finito il CAR riesce ad entrare in fureria e a svolgere compiti amministrativi), ma anche i progressi negli studi e nelle letture che va compiendo. Più volte si sofferma sulla necessità di migliorare il proprio italiano, di conoscere la grammatica e la sintassi, di leggere sì i testi politici ma anche la grande letteratura (in particolare autori francesi e russi), fra cui le poesie del Leopardi. Per fare politica serve cultura, lo ripete all’infinito.
Proverò a raccontarvi, estrapolando dalle tante lettere, storie d’amore e di politica all’inizio degli anni ’50 a Rimini.
Lei del tutto infatuata del “carissimo Pentolino”, lui costante ma sbrigativo anche quando la fidanzata subì delle molestie
Cesarina Martinini, per tutti Riri, fra il febbraio 1951 e il maggio 1952, scrisse ad Alfredo Arcangeli, militare di leva a Bari, 392 lettere e 5 cartoline (o almeno queste sono quelle a noi pervenute). Dunque quasi una lettera al giorno. E non due righe per volta, ma ognuna di queste almeno di 4 pagine di carta protocollo. E Alfredo gli rispose con 399 lettere e 9 cartoline (quelle a noi pervenute). Molto più brevi nel testo.
Alfredo partì militare ad inizio febbraio 1951. Aveva poco più di 21 anni (era nato il 17 novembre 1929). Aveva frequentato le scuole sino alla 5.a elementare e poi aveva fatto l’apprendista falegname assieme al fratello Gino. Quando partì militare era funzionario del PCI riminese, responsabile dell’organizzazione nel comune di Rimini dalla fine del 1948, dopo esser stato il promotore per la costituzione dell’organizzazione giovanile comunista, la FGCI, dopo lo scioglimento dell’organizzazione unitaria del Fronte della Gioventù nel 1948.
Segretario della Federazione al 1° Congresso del PCI (29-30 aprile 1949) venne eletto Ilario Tabarri, “Pietro”, cesenate, il comandante partigiano dell’8.a Brigata Garibaldi. Riconfermato al 2° Congresso (5-7 gennaio 1951), dove intervenne Pietro Ingrao, membro del Comitato Centrale e Direttore de “L’Unità”. Tabarri rimase a Rimini sino ai primi di giugno del 1952.
Il 27 maggio 1951 si tennero le elezioni amministrative, in piena contrapposizione tra i partiti della sinistra e la DC e i suoi alleati. Sindaco dall’8 novembre 1948 era stato eletto Walter Ceccaroni, sospeso il 15 novembre 1949 dal Prefetto. Svolsero la funzione di Sindaco sino alle elezioni Gomberto Bordoni, Alberto Lollini, Gualtiero Bracconi. Il 19 giugno 1951, dopo le elezioni, fu rieletto Sindaco Ceccaroni.
Arcangeli al 1° Congresso della Federazione era entrato nel Comitato Federale, composto da soli 34 membri. Complessivamente un quadro dirigente del PCI giovane, poco più che trentenne. “Sparirono” quasi completamente tutti i vecchi leader del periodo fascista e della Resistenza.
Arcangeli fece in tempo a partecipare al 2° Congresso della Federazione Comunista prima di partire militare e venne rieletto nel Comitato Federale composto da 31 membri più 5 candidati. Ma non partecipò alle elezioni del 27 maggio 1951. Dopo il rientro a Rimini a maggio 1952 fece in tempo a partecipare nel giugno 1952 al cambio del Segretario della Federazione: Mario Soldati, bolognese, al posto di Tabarri.
La storia con Riri aveva avuto inizio nel marzo 1948: lui poco più di 18 anni, lei quasi 17 anni (era nata l’1 maggio 1931). Così la Riri ricorda il loro incontro nella lettera del 6 novembre 1951: “ricordo la sera di Pasqua che ballammo al Teatro tutta la sera. Ricordo che nell’uscire mi feci questa domanda (mi piace o no!) ma non riuscivo a darmi una risposta (…). Noi allora eravamo molto giovani (…). Sono riuscita a capire poi che non è la bellezza e l’eleganza che vale in un giovane, ma sono le buone qualità di cose che questo deve avere. Quando due individui s’incontrano per dare inizio ad un amore, ci deve essere in loro comprensione e rispetto, non certo cercare la bellezza e l’eleganza. Certo che anche il problema dell’amore è una cosa un po’ difficile da capire, cosa molto bella e anche utile, ma tanto difficile”.
La Riri visse in simbiosi con Alfredo il suo impegno politico. Iniziò a partecipare ai gruppi giovanili femminili comunisti, dapprima in quelli della sua sezione territoriale di San Giuliano Mare (viveva con la madre in Via Tonini). Priva di istruzione, iniziò spinta dalla politica, a leggere e a studiare (ma in tante lettere dichiara la fatica di fare questo). Al Congresso costitutivo della FGCI riminese (4-5 marzo 1950) Riri entrò nel Comitato Federale dell’organizzazione giovanile di 24 membri. Ma anche Alfredo spingeva perché crescesse politicamente e culturalmente. Quest’ultimo, per la sua attività, inoltre la presentò ai compagni e alle compagne della Federazione la cui sede allora era in Corso d’Augusto 118. Giovanni Baldinini, amministratore della Federazione, individuò come sede questo appartamento a metà della via principale del centro di Rimini. Qui il PCI riminese rimase dai primi giorni del 1950 sino a fine 1960.
Apprendista da una sarta in centro a Rimini. La madre faceva ogni tipo di lavoro utile a rimediare qualche soldo (l’estate lavorava nelle colonia al mare della CGIL). Tutte e due, madre e figlia, sempre senza un soldo. La Riri scriverà tantissime volte delle sue difficoltà economiche nelle lettere che inviava ad Alfredo. Spesso era un problema anche trovare le 150 lire per il francobollo per la lettera da inviare ad Alfredo a Bari. Ma piuttosto rinunciava a mangiare.
Il Segretario della FGCI Giancarlo Zanuccoli, subito dopo la partenza di Alfredo, propose a Riri di partecipare ad un corso di formazione politica per giovani comunisti alla Scuola del PCI di Faggeto Lario, sul lago di Como, della durata di cinque mesi (dall’1 marzo al 30 luglio 1951). In mezzo a mille dubbi, a litigi con la madre, alla fine decise di andarci. Studio e teoria si, ma anche esperienza politica pratica: dall’ 1 maggio all’8 giugno 1951, per un mese, fu inviata a “lavorare” presso la FGCI di Lucca impegnata nella campagna elettorale per il rinnovo dell’amministrazione comunale del 10 giugno. Una provincia bianca: la DC vinse con il 53,6% dei voti, ottenendo 26 seggi su 40; il PCI prese il 15,8% dei voti e 5 consiglieri. Un’esperienza durissima, in un ambiente ostile, che segnò profondamente Riri, pur non facendole perdere mai il suo entusiasmo ed ottimismo, come si può leggere nelle lettere che inviò ad Alfredo.
Rientrata a Rimini divenne funzionaria della FGCI come responsabile della commissione ragazze (con un compenso di 10.000 lire al mese. Lo stipendio di un operaio era allora di 25/30.000 lire al mese). Divenne così una dei tre funzionari della FGCI, assieme a Zanuccoli, segretario, e Luciano Lombardini di Coriano. Con quest’ultimo la Riri non legò mai, litigandoci spesso, con Zanuccoli chiamato a mediare e a pacificare.
A fine 1951 Zanuccoli relazionò ad Augusto Randi, responsabile dell’organizzazione del PCI riminese sull’ottimo lavoro che Riri aveva svolto in quei primi cinque mesi di attività verso le giovani. In sella alla sua bicicletta Riri passava da una riunione delle ragazze ad una festa dei giovani nelle varie frazioni di Santarcangelo, da Cerasolo a Bordonchio, da San Lorenzo Monte a Vergiano, da San Giuliano Mare a Tomba Nuova, da Riccione a Poggio Berni.
La FGCI nel 1951 aveva 2.557 iscritti, nel 1952 2.561.
A leggere le lettere di Riri ad Alfredo si nota una infatuazione totale nei suoi confronti. Ripetute all’infinito le sue dichiarazioni d’amore per “il carissimo Pentolino”. Con una ingenuità totale, spontanea di adesione verso ogni sua affermazione. Nonostante che Alfredo ogni tanto caschi in attacchi di gelosia per la vita impegnata in mille riunioni di Riri, sempre in giro, spesso in mezzo a tanti maschi. Comunque in tutte le lettere non c’è mai un richiamo al sesso. La meta per Riri era il matrimonio al ritorno di Alfredo dal servizio militare. Il sogno era una casa, l’arredo e l’attesa di alcuni figli.
Ad esempio, ma questi temi sono ricorrenti e presenti in tutte le lettere, scriveva: “Io ti voglio tanto bene Alfredo credilo.
Le tue lettere sono belle e piene d’amore, però tu non devi avere così paura di perdermi perché io non ti lascerò mai, non c’è nessuna ragione che io abbia per lasciarti, io ti amo proprio tanto e come potrei lasciarti!
Sono tanto felice e orgogliosa di amarti e di essere amata. Allora perché dovrei lasciarti?
Tu mi ami, sei un buon ragazzo in tutto e per tutto, cosa devo volere di più di così?
Siamo tanto felici, pensiamo continuamente al nostro matrimonio, tante volte ti ho detto che ho voglia di sposarmi per stare sempre con te e non abbandonarti un momento, allora come puoi pensare ad una cosa simile?
Io ti amo tanto, non di meno di quanto mi ami tu, e non ho mai pensato neanche un attimo né che tu mi lasci e neanche io che lasci a te, e poi due che si amano come noi e sono felici non possono mai pensare di lasciarsi.
Quindi caro Tesoro devi essere tranquillo e non pensare neanche lontanamente a certe cose.
(dalla lettera del 9 novembre 1951).
Un tema oggi di grande attualità, ma sicuramente lo era anche a quei tempi: le molestie sessuali. La sera del 19 febbraio 1951 la Riri, una bella ragazza di vent’anni, entra trafelata e spaventata in Federazione in Corso d’Augusto dove doveva partecipare ad un incontro di partito. Arrivava da casa, a San Giuliano Mare, in bicicletta. Era stata seguita, molestata verbalmente con un tentativo di farla cadere dalla bici per assalirla, da parte di due militari. Ne scrive ad Alfredo nella lettera del 20 febbraio.
“Due militari si sono messi davanti e poi non ricordo di preciso cosa mi avessero detto. Io li guardai. In quel momento pensavo a te a Bari. Aprivo bocca per dire che io avevo un fidanzato nei militari che era a Bari, ma le parole non mi uscirono. Continuai la mia strada e loro mi vennero dietro fino dentro la porta e mi dicevano se avevo bisogno di qualche cosa. Poggiai la bicicletta e risposi: grazie, non ho bisogno di niente. Mi dissero ancora che mi avrebbero aspettato. Io dissi ancora: grazie, ma non ho bisogno di compagnia. Sono andata di sopra. C’erano Tabarri, Scarabelli di Forlì e la Pina sull’entrata, di là c’erano Marchi, Gatta e Ronci. Cercai Doghieri ma lui non c’era. Raccontai di quei due militari e chiesi a Gatta se veniva di sotto con me. In quel momento venne di sopra anche l’Ortensia [Corbelli]. Le chiesi se c’erano quei due militari. Mi disse che non c’erano. Andammo tutte e due di sotto. Sulla porta stavano arrivando Zanuccoli e la Elda [Codeluppi]. Chiesi a tutti se mi accompagnavano fino alla fine del Corso, ma loro non vennero se no facevano tardi. Ma l’Ortensia che sapeva di quei due militari mi accompagnò fino alla fine del Corso. Quei due militari ci passarono davanti, poi si fermarono finito il Corso. Io passai davanti a loro in bicicletta e uno mi prese per un braccio e mi chiamò signorina, ma io di volata andai per la mia strada. Scusa tanto se questa storia ti annoia, ma tu mi hai detto che devo scrivere tutti i particolari così io te li scrivo”.
La risposta di Alfredo, come del resto la poca considerazione del fatto da parte dei compagni della Federazione, è gelida e lapidaria: “il fatto accaduto non mi stupisce perche qua ne sento tante e ti debbo dire che fra i militari trovi ragazzi seri, ma anche dei poco seri, e qua assistiamo anche a dei fatti brutali dei militari nei confronti delle ragazze. A me mi conosci bene perciò penso che non occorrano tante parole. Quando vado a Bari, quelle poche volte, mi comporto come si deve comportare un onesto cittadino e difficilmente do della confidenza” (lettera del 22 febbraio 1951).
Di strada i comunisti, come tutti i maschi italiani, ne dovevano ancora fare molta per uscire da una concezione patriarcale e maschilista nei rapporti con le loro donne, e più in generale con tutto il mondo femminile. Una battaglia che prosegue ancor oggi, come dimostrano le imponenti manifestazioni di pochi giorni fa, del 25 novembre.
Mentre Alfredo è ancora militare a Bari, Cesarina va alla “Anita Garibaldi” sul lago di Como: le loro lettere
Devo al libro di Anna Tonelli (“A scuola di politica” edito da Laterza nel 2017) la descrizione della Scuola centrale femminile Anita Garibaldi di Faggetto Lario, a due passi dal lago di Como. La scuola iniziò a funzionare nel 1950 su input di Togliatti che recepì la sollecitazione delle dirigenti comuniste femminili sull’urgenza di affrontare la questione femminile e la battaglia per l’emancipazione. E la necessità di formare nuovi quadri femminili. Rimase attiva sino al 1957, quando la villa di Faggeto Lario venne messa in vendita. “Ragazze che passeggiano in cortile, le riunioni di gruppo in veranda, l’ora politica a leggere i giornali, le lezioni nelle aule capienti e ben illuminate, la ginnastica mattutina, le partite di pallavolo (…) Tre fabbricati in mezzo a un parco che si affacciano sul lago in un’atmosfera bucolica e oggettivamente melanconica. In un edificio trovano gli spazi gli uffici della Direzione e la biblioteca, in altro due aule sovrapposte e nel terzo la mensa capace di oltre settanta posti, le stanze con tre o quattro letti, le docce separate”.
“A frequentare i corsi sono soprattutto casalinghe, operaie, braccianti, contadine, impiegate, sarte: donne che hanno ruoli di secondo piano nelle varie organizzazioni, ma che sono inviate alla scuola per apprendere un metodo di studio utile al lavoro concreto”.
I corsi erano di vario tipo, dai sei ai tre mesi, ma in alcuni casi ridotti a 40 giorni o a un mese. In cinque anni passarono da Faggeto Lario un migliaio di allieve: 175 nei corsi nazionali, 563 nei corsi regionali, 257 nei corsi della FGCI.
I racconti della Riri sulla sua vita e attività alla Scuola di Faggeto Lario è interessante perché non abbiamo molte altre testimonianze delle ragazze sulla loro esperienza alla scuola di partito. Dalle sue lettere estrapolerò alcune annotazioni, ma tante altre cose potrebbero essere riportate.
Cesarina Martinini, detta Riri, nata l’1 maggio 1931, apprendista sarta, compie vent’anni mentre frequenta la scuola. E’ qui arrivata il 14 marzo e vi rimarrà sino al 28 luglio 1951 per frequentare il 2. Corso Ragazze della FGCI, uno dei primi: sono 22 le partecipanti, provenienti da tutta Italia, con enormi differenze l’una dall’altra ( e in contemporanea c’è un altro corso per donne adulte dove sono in 25). Compresa la pulizia personale: scrive Riri nella lettera ad Alfredo Arcangeli il suo fidanzato, in data 5 aprile 1951: “qui nel nostro collettivo ci è quella compagna di Bari che a i pidocchi in testa e io il primo giorno che arrivata mi sono pettinata col suo pettine e quindi ho preso i pidocchi. Siamo in cinque che li abbiamo. Quella di Bari e una di Salerno sono venute che già li avevano. Io e le altre ce li hanno attaccati. Io ne ho proprio molti.. Mi sono tagliata i capelli e dato il DDT e in due o tre giorni mi spariscono, però me la sono presa e piango”.
Tutte le ragazze vengono sottoposte ad attente visite mediche: molte hanno bisogno di ricostituenti, di poter mangiare sano e con regolarità. E Riri è una di queste. In tante lettere ad Alfredo parlerà del suo precario stato di salute.
Ad Alfredo che gli chiede se può dargli un po’ di soldi (lo ha già fatto altre volte), la Riri il 6 luglio 1951 gli risponde: “Non è che non voglio darteli, devo rimediare i soldi del viaggio per tornare a Rimini, quindi mi metto le mani nei capelli perché proprio non so come fare, e qui si prende 450 lire alla settimana. Caro mio tesoro per questa volta devi avere pazienza ancora un poco”. Le spese del vitto per la durata del corso per la Riri sono a carico del Partito, probabilmente della Federazione di Rimini. Ma come sempre la Riri era in bolletta.
Riri scrive ad Alfredo, nei mesi che è a Faggeto Lario, 98 lettere: fogli e fogli scritti a mano, con tanti errori di ortografia. Riri non ha alcuna istruzione scolastica, è una autodidatta, ma nei mesi che passerà alla scuola si impegna tantissimo e alla fine anche le sue lettere miglioreranno anche dal punto di vista ortografico. Nella lettera del 22 giugno 1951 scrive: “L’articolo che ho fatto per il giornale murale è andato benino, perché ho parlato realmente del mio cambiamento, cioè del cambiamento che si vede e lo dimostro in ogni mia attività e comportamento nello studio e nella vita ricreativa. Forse io sono stata una fra quelle che ho fatto dei progressi perché le altre sono venute molto più preparate”.
Il 6 aprile 1951 scrive: “Oggi abbiamo avuto la discussione sul discorso di Togliatti ma però abbiamo avuto tutte il cicchetto perché mercoledì ci hanno dato cinque ore per leggere il discorso di Togliatti e noi oggi non abbiamo saputo discutere sui punti più importanti, anzi oggi l’insegnante ci ha detto che verrà Colombi uno di questi giorni per fare la discussione sul discorso di Togliatti.
Questa mattina c’è stata la lettura e la discussione di alcuni brani dell’educazione di Kalinin, e abbiamo appreso dai suoi scritti come deve essere un giovane comunista e per cosa noi lottiamo, ci insegna di studiare specie individualmente”.
Ma scrive anche il 9 aprile 1951: “Sai qui si sta bene ma parecchie volte fino adesso mi è venuta la malinconia. Sai lontana da casa non abituata alla vita del collettivo con compagne tutte buone ma ognuna abbiamo il nostro carattere molto diverso l’uno dall’altro”.
Nelle lettere racconta ad Alfredo la sua vita alla scuola, le materie che affronta (storia, geografia, italiano oltre naturalmente la lettura di alcuni testi del marxismo, a incominciare dalle relazioni di Togliatti che appaiono su L’Unità). Ma non è solo studio. Il 27 marzo 1951 scrive: “Oggi hanno incominciato i punti. Chi non va puntuale a mangiare perdono i punti. Chi lascia la roba in giro oppure in disordine perde punti. Chi arriva dopo dell’orario in aula perde i punti. Quindi se non si sta attenti è tutta una perdita di punti. Però questo ci insegna di essere ordinate, di essere puntuali e tante altre belle cose. Come vedi la scuola ti insegna un’infinità di cose, che se ne rendiamo conto quando andiamo a casa ci saranno molto grati”.
A scuola le fanno conoscere e leggere alcuni poeti (Vladimir Majakovskij, Nazim Hikmet, Pablo Neruda), di cui la Riri se ne innamora e ne parlerà in alcune lettere ad Alfredo.
Per la scuola transitano per tenere incontri e lezioni diversi dirigenti comunisti: Edoardo D’Onofrio, Ugo Pecchioli, Arturo Colombi, Maria Antonietta Macciocchi (direttrice di Noi donne), Arrigo Morandi (segretario UISP), molte dirigenti della commissione femminile nazionale. Ma le ragazze partecipano anche ad avvenimenti esterni come il corteo del 1° Maggio a Como; un giro alla Fiera dell’Esposizione di Milano; il 18 marzo 1951 “alle tre di oggi pomeriggio dobbiamo essere tutte a Milano al Congresso della Federazione dove apre i lavori il compagno Togliatti. Mi tremano le mani, le gambe pensare che oggi vedo Togliatti. In questo momento sono proprio la più contenta del mondo. Oggi è stato il giorno più bello della mia vita. Sai perché? Perché ho visto il compagno Togliatti, sai gli ho dato la mano, l’ho stretta tanto, che quasi gli ho fatto male”.
La frequentazione della scuola viene interrotta per la Riri (come per tutte le altre ragazze partecipanti al Corso) dai primi di maggio sino all’8 giugno 1951 quando viene mandata, assieme ad un’altra compagna, a lavorare alla campagna elettorale per le amministrative del Comune di Lucca: un comune bianco dove la DC ha la maggioranza assoluta. Un’esperienza dura, poco gratificante, ma che fortificherà il carattere di Riri.
Le dirigenti della scuola invitano le ragazze ad essere riservate sulle attività che svolgono. Il 22 marzo 1951 Riri scrive ad Alfredo: “Non posso scriverti tante cose, perché le insegnanti ci hanno detto di stare attente”.
Le domande dell’esame orale della Riri il 24 e il 25 giugno furono le seguenti: “La nostra concezione del mondo attraverso lo studio della storia ci dà la certezza dell’avvento del Socialismo, ci aiuta a vincere i pregiudizi e l’ideologia borghese, ci porta a lottare contro l’opportunismo”; e poi “Quali sono i compiti della Commissione Ragazze Provinciale della FGCI”. Discussione con i membri della Commissione Esami durata ore. Nella lettera del 26 luglio Riri scrive: “Il compagno Iduni della Commissione Centrale scuola ci ha detto che ci siamo tutte sviluppate e abbiamo acquisito fiducia di noi stesse”. E nella ultima lettera inviata ad Alfredo da Faggeto Lario il 28 luglio Riri prova a tirare le somme di una esperienza sicuramente importante per lei: “Ieri abbiamo fatto la riunione di cellula ed è stato un esame di tutto il lavoro e i progressi che abbiamo fatto durante il corso. Io sono stata una di quelle compagne per conto del carattere che ho fatto molti progressi. Quindi se io ho avuto la possibilità di essere venuta a scuola e cambiare nel carattere, che era quello che io desideravo, posso ringraziare ed essere riconoscente a tutto il Partito”.
Il 29 luglio la Riri rientra a Rimini. La sua vita successiva l’ho raccontata nella precedente puntata (“Arcangeli e la Riri, più di 800 lettere d’amore e di politica”).
Fra le lettere conservate da Alfredo Arcangeli ce n’è una a lui indirizzata di Ilario Tabarri, “Pietro”, primo segretario della Federazione Comunista Riminese, che gli racconta, a lui militare a Bari da inizio febbraio 1951, la campagna elettorale per le amministrative del Comune di Rimini del 27 maggio 1951.
Il 7 maggio 1951 “Pietro” scrive: “Carissimo Alfredo, accetto senz’altro la critica e il rimprovero che fai per la nostra trascuratezza nei tuoi confronti. Tuttavia stai certo che non per questo abbiamo dimenticato il compagno al quale tutti siamo profondamente affezionati e che desidereremmo avere tra noi. Ti assicuro che d’ora innanzi ti daremo più frequenti notizie.
Mi fa piacere sentire che ti trovi bene e che in definitiva anche questo periodo serve alla tua formazione e alla tua esperienza. Il fatto che sei sempre tra i primi ti fa onore e ti conferisce quel prestigio che noi dobbiamo avere ovunque ci troviamo. Sono contento che tale prestigio è acquisito con una giusta posizione di lavoro e politica che rifugge dal falso patriottismo e che deriva proprio dall’avere un’alta coscienza umana, sociale e patriottica.
Il nostro lavoro è tutto proteso verso la campagna elettorale che si profila dura e molto importante come sai. I nostri avversari hanno fatto blocco nel tentativo di portarci via il comune. Essi sono: DC, liberali e monarchici, repubblicani e saragattiani. Il MSI ha presentato una lista indipendente ma io sono convinto che pochi daranno il voto a questa lista perché li concentreranno sulle altre ben spendo che altrimenti sarebbero voti persi.
Comunque noi abbiamo buone speranze per conservare la nostra Amministrazione seppure dovremo compiere uno sforzo massimo.
A questo riguardo possiamo dire di non risparmiare nulla ma è con lentezza che ci muoviamo soprattutto in città dove la situazione è più difficile.
La DC e per essa i comitati civici, fanno la solita azione di diffamazione e di provocazione d’accordo con le forze di polizia.
Con la nostra lista si sono apparentati degli indipendenti che hanno formato una buona terza lista.
Circa i risultati vi sono alcune incognite: quante saranno le astensioni, quanti i voti dei missini e quanti alla nostra terza lista. La risposta a questi interrogativi non la possiamo avere che il 28 o il 29.
Ieri è venuto tuo fratello con un gruppo della sua sezione ed abbiamo parlato del lavoro da svolgere e come superare alcune difficoltà. Mi ha ricordato che è impegnato a fare la scrivania e che presto sarà pronta. Dalla Riri abbiamo avuto noi le tue notizie e ci fa piacere. Continua pure a leggere e a studiare. A Gianni [Baldinini] ho passato il foglio che lo riguarda e certamente ti darà una risposta. Quando scrivi ci potresti elencare i libri che hai sottomano o che intendi prendere.
Tanti saluti da parte mia e dei compagni che sempre ti ricordano. Pietro”.
Alcune annotazioni. Tabarri fu un politico e dirigente duro, ma contemporaneamente punto di equilibrio per il partito riminese che in quei primi anni del dopoguerra aveva già visto al proprio interno pericolose spaccature e dimostrato le difficoltà a costruire un gruppo dirigente unitario e forte. Tabarri consolidò il Partito negli anni dello scontro più duro con la DC, fra il 1948 e il 1953. Vinse le elezioni amministrative del 27 maggio 1951, quando Rimini rimase l’unica grande città della Romagna governata dalle sinistre. Il PCI a Rimini ottenne il 32,42% (-8,01% rispetto al 1946) ma conservò tutti suoi 17 seggi. Il PSI prese 8 seggi, la lista indipendente 1, la DC 9, PSDI 2, PRI 1, PLI 1, MSI 1. I risultati diedero la vittoria ai partiti della sinistra che riconfermarono la Giunta PCI-PSI, rieleggendo Sindaco Walter Ceccaroni. Il PCI rimase, anche se per una frazione minima di voti, il primo partito della Città.
La DC reagì pesantemente alla sconfitta riminese. La DC per recuperare anche Rimini, oltre alle altre città della Romagna, attuò per tutti gli anni ’50 lo sforzo massimo di destabilizzazione della Giunta di sinistra, usando tutti gli strumenti possibili: il lungo scontro per garantire un governo stabile alla Città durò sino alle elezioni del 1957 quando la DC vide definitivamente sconfitto il suo progetto di conquista del Comune di Rimini.
In una lettera della Riri ad Alfredo del 22 giugno 1951 a proposito della rielezione a Sindaco di Ceccaroni scrive: “questo a me ha fatto molto piacere, perché quando sono stata a casa l’ultima volta vi erano delle discussioni fra i compagni, ma c’erano voci che volevano fare sindaco Nicchi [Nicola Pagliarani]. Ma tanto Miramare come S. Giuliano Mare, come Bellaria e così via erano tutti contrari a Nicchi. A tutti quelli che me lo chiedevano dicevo loro fanno ancora Walter. E infatti hanno fatto lui. Non posso dirti altro perché più di così non so”.
Una lettera al giorno fino a un totale di 800 sognando il matrimonio e il lavoro per il Partito
Il 6 maggio 1952 Alfredo Arcangeli terminava il servizio di leva durato 15 mesi (era partito l’1 febbraio 1951). Lo svolse interamente a Bari presso il 9. Reggimento Fanteria – Compagnia Cannoni; dal 16 agosto 1951 in servizio in fureria.
Alfredo era partito per il servizio militare che era funzionario e responsabile organizzativo del PCI del Comune di Rimini.
In questo arco di tempo Alfredo (1929-2022) e la sua fidanzata Cesarina Martinini (per tutti “Riri”) (1931-2020) si scrissero quasi 800 lettere: a noi ne sono pervenute 399 di Alfredo a Riri e 392 di Riri ad Alfredo.
Riri aveva 20 anni, Alfredo 22. Scrive Alfredo nella lettera dell’1 febbraio 1952: “Per la corrispondenza penso che nessuno di noi due avrà da lamentarsi e possiamo dire di avere rispettato il patto o l’impegno”. Impegno che si erano assunti reciprocamente al momento della partenza di Alfredo: scriversi tutti i giorni. Nella lettera di Alfredo del 24 ottobre 1951: “Scrivere è proprio veramente bello e bella è la nostra corrispondenza perché quando ci scriviamo cerchiamo ognuno di noi di fare il possibile per renderci contenti e felici, ma con questo non scriviamo cose campate in aria o delle semplici fantasie, ma descriviamo con tanta semplicità le cose che ci succedono durante il giorno di lavoro, descriviamo i nostri sentimenti”.
La scrittura della Riri è tonda, facilmente leggibile, con tanti errori ortografici all’inizio ma molto meno alla fine del carteggio; la scrittura di Alfredo è spigolosa, non sempre facile da leggere, in buon italiano. Nel carteggio una cinquantina di lettere sono scritte a macchina: la Riri usò la macchina da scrivere della FGCI nei mesi in cui fu funzionaria (dal 1° agosto 1951 a inizio febbraio 1952), mentre Alfredo usò quella della fureria quando fu lì in servizio dall’agosto 1951 ad aprile 1952.
Delle lettere della Riri ho ampiamente parlato sopra. In questa ultima parte riprendo temi e opinioni dalle lettere di Alfredo.
Entrambi, all’infinito, si giurano eterno amore in tutte le lettere. Un fidanzamento iniziato a marzo 1948 e che si concluderà con il matrimonio il 7 febbraio 1953, circa dieci mesi dopo il ritorno di Alfredo a Rimini. In tante lettere entrambi immaginano come sarà questo matrimonio (con rito civile e non religioso), quanti e quando avranno dei figli (che saranno poi due: Fabio nel 1953 e Mirco nel 1958), i soldi necessari per arredare la casa (che non hanno e che dovranno rimediare). E continui attacchi di gelosia per tradimenti supposti o immaginari da parte di entrambi: scrive Alfredo nella lettera del 30 marzo 1951 “Mi stupisce il fatto che neanche ora che da una parte parli del bene che mi vuoi, dell’ardente desiderio di vedermi, della certezza che non mi dimenticherai mai, dall’altra sei continuamente ossessionata dalla paura che io ti lasci. Perché questo? Se sinceramente mi vuoi bene e penso che tu sia felice, perché pensi così male? Non so proprio chi possa averti messo in testa che io mi sia dimenticato di te”. In quella del 30 ottobre 1951 invece: “Cara Riri non devi temere le eventuali critiche che alcuni si permettono di fare a proposito della tua libertà, come io non le temo perchè è sufficiente avere la coscienza tranquilla e cioè non abusarne di questa libertà e di essere onesti e seri. Certo che se sapessi che tu vai in giro per divertirti mi dispiacerebbe e mi rincrescerebbe ma questo non lo saprò mai perché tu giustamente esci solo per ragioni di lavoro quindi non ci sono motivi per stare in pensiero”. Ed è il pensiero del ballo, che piace ad entrambi, che li fa fremere di gelosia, soprattutto ad Alfredo. Ma nella lettera del 24 febbraio 1952 scrive: “Sei la prima e sarai l’unica donna che amo così tanto. E’ stata la prima esperienza che ho fatto di fronte ad un così forte amore. Ho imparato molte cose e tante ancora ne restano da imparare”.
Nelle sue lettere Alfredo racconta della sua vita militare, dei giri alla scoperta della città di Bari, ma anche dei rapporti che costruisce con i compagni comunisti baresi partecipando ad incontri, a comizi, frequentando alcune case. Tanto che i compagni della Federazione di Bari, sapendo del termine della sua leva ad inizio maggio 1952, gli chiesero di rimanere ad aiutarli nelle ultime settimane nella campagna elettorale per le elezioni amministrative del 25 maggio. Ma la nostalgia di casa prevalse ed Alfredo rifiutò.
Ma scrive tanto anche di politica: Alfredo legge l’Unità, Rinascita, il Calendario del Popolo, l’Europeo. Si tiene aggiornato sulle vicende politiche del PCI, ed anche su quelle riminesi attraverso le tanti brevi informazioni che la Riri gli scrive nelle sue lettere. Mantiene però contatti epistolari anche con il Segretario della Federazione Comunista Riminese Ilario Tabarri (“Pietro”) (che sarà a Bari a metà dicembre 1951 e passerà un pomeriggio e una sera con lui), ma soprattutto con Augusto Randi, responsabile per la Segreteria comunista dell’organizzazione, oltre che con il Segretario della FGCI Giancarlo Zanuccoli (vedi l’articolo “Addio a Giancarlo Zanuccoli, primo segretario della FGCI di Rimini”).
Nelle lettere alla Riri spesso assume un ruolo pedagogico: in occasione dell’andata della Riri al corso alla Scuola di Partito di Faggeto Lario (dall’1 marzo al 30 luglio 1951) nella lettera del 15 marzo 1951 scrive “Ricordati Riri, ricordalo sempre, anche durante lo studio, le ore di riposo, ricordati che vai a studiare, vai ad imparare ad essere una dirigente capace, ma devi essere orgogliosa di questa possibilità che ti offre il Partito. Perciò Riri, studia, studia, studia con passione, con ardore, studia anche per me, impara a conoscere le nostre teorie, impara a conoscere tutto”. In quella dell’8 maggio 1951: “Studia Riri, studia la storia della società umana; studia la storia dei popoli; studia la storia degli uomini grandi e umili se vuoi conoscere te stessa e il tuo domani; impara a lottare per la conquista della vita se vuoi vivere e sappi che anche il sacrificio è una parte stessa della vita; in molti casi la più bella”. Ed ancora in quella del 2 gennaio 1952: “Il Partito esige un miglioramento qualitativo dei quadri e per ottenere questo è necessario oltre che lavorare, studiare, studiare. Puoi dire che sono un brontolone e tutto quello che vuoi, ma devi incominciare a studiare molto seriamente. Ancora una volta ti ripeto se puoi fai una riunione in meno ma studia”. Al ritorno dal corso a Faggeto Lario, nella lettera del 6 agosto 1951, scrive a Riri: “Oggi ho ricevuto la tua cara lettera del giorno 3 che dice che sei stata assegnata alla FGCI in qualità di responsabile delle ragazze. Mi fa molto piacere e sono persuaso che supererai le difficoltà iniziali e che assolverai con impegno questo incarico”.
A volte dalle lettere, di uno o dell’altro, emergono notizie curiose come questa: “Per quanto riguarda l’annessione della Lituania e dell’Estonia non conosco molto di preciso, anzi ricordo che in occasione dei “Corsi Stalin” in Federazione ci fu una discussione tra Randi e Zangheri alla quale io non presenziai per altri impegni. Perciò mi dispiace di non poter intervenire e non so nemmeno quale libro consigliarti: forse l’Enciclopedia del socialismo e del comunismo di Trevisani”.
Per chiudere sul carattere pedagogico delle lettere di Alfredo alla Riri riporto questo brano contenuto nella lettera dell’11 marzo 1951: “Le prime volte che si parla di fronte al pubblico è vero che ci si trova titubanti, impacciati e agitati, ma è anche vero che si è sfiduciati delle proprie capacità e delle proprie forze. Questo fenomeno è capitato anche a me e capita a tutti. Ma con il suggerimento degli altri occorre superarlo in breve tempo. Innanzitutto l’elemento indispensabile è quello di avere fiducia nelle proprie capacità e nelle proprie forze, e cioè essere sicuri di se stessi, conoscersi e sulla base di questa conoscenza non cercare di trattare temi che non sono conosciuti. L’altro elemento fondamentale è quello di conoscere e conseguentemente tenere conto dell’uditorio: a chi si parla = le sue possibilità di apprendere i temi esposti, per usare il linguaggio ad esso adatto. Il più delle volte, in generale, e questo accadeva spesso anche a me, noi usiamo un linguaggio che espone l’argomento nella maniera più difficile. Questo evidentemente giova poco, perché non si è compresi, dimodochè la nostra esposizione è inutile anche se ascoltata per disciplina di Partito. Occorre perciò trovare l’esposizione più semplice e più chiara senza cercare le pesanti definizioni. Altrimenti l’uditorio non ci segue.
Anche quando tieni una piccola riunione cerca sempre di essere chiara e felice nell’esposizione.
Il pregio di Togliatti, Stalin e tutti i nostri dirigenti in generale, consiste appunto nel fatto che loro illustrano e spiegano la situazione internazionale con una semplicità che è recepibile da tutti. Ebbene noi ci dobbiamo impadronire di questo elemento per il nostro lavoro. Parlare per parlare non serve a nulla. Ma parlare per spiegare, per fare capire, per persuadere, per orientare serve a qualche cosa e questo presuppone che ciò che si dice sia compreso, accessibile a tutti, cioè che entri con facilità nella testa di chi ci ascolta”.
L’agitatore politico opera anche fra i militari, all’interno della caserma, nelle discussioni nelle camerate: “Io nelle discussioni intervengo poco. Prima oriento la discussione poi lascio discutere a loro e al momento opportuno intervengo. A volte vedo che alcuni aspettano proprio con ansia il mio intervento” (lettera del 28 marzo 1951). Alfredo non contesta mai l’esistenza e la necessità di un esercito per il Paese: ma la sua irritazione diventa notevole quando, schierati, il comandante legge i messaggi del Ministro della Difesa Randolfo Pacciardi, in carica dal 1948 al 1953 con il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, repubblicano, che portò l’Italia nella NATO. Alfredo pensa che il suo orientamento politico sia ben noto, se è vero che scrive nella lettera del 10 giugno 1951: “Dalla lista degli allievi caporali sono stato ufficialmente espulso. Io penso di essere già individuato e per questo uso tutte le precauzioni immaginabili”.
Nelle lettere Alfredo si diverte a raccontare a Riri tante volte i sogni che fa miscelando politica e amore: “Anche questa notte mi sono sognato di te. Eravamo stati tutti due a tenere una riunione e tutti due avevamo parlato. I compagni erano entusiasti. Poi ricordo che venni ad accompagnarti fino a casa tua; al cancelletto ci baciammo; una stretta e un giorno passato e tanto lavoro fatto per il Partito. E’ stato un sogno, ma noi ci baciamo ugualmente e i giorni passano e quanto lavoro realizziamo per il Partito” (lettera del 29 giugno 1951). “Se anche la notte mentre dormo sogno cose che al mattino non mi ricordo è certo che la maggior parte delle volte sogno te” (lettera del 19 ottobre 1951).
Alfredo dice a Riri, più volte, che ha scritto a Tabarri per sapere cosa farà quando rientra a Rimini e si preoccupa non poco delle difficoltà finanziarie della Federazione che hanno portato ad una riduzione dell’apparato dei funzionari nel corso della primavera del 1952. Fra quelli lasciati a casa anche la Riri, da febbraio 1952, responsabile delle ragazze della FGCI. Nei mesi successivi mantenne la responsabilità politica, ma senza essere funzionaria (e quindi prendere un piccolo stipendio). Riri iniziò allora a fare piccoli lavori da sarta, soprattutto per la famiglia degli industriali Olivieri di Spadarolo.
Nella lettera del 29 ottobre 1951 scrive a Riri: “Non so ancora se i compagni mi manderanno subito a frequentare una scuola e questo dipende anche dal lavoro che dovrò fare (…). Io sento il bisogno di andare a scuola, perché è vero che ho una certa preparazione teorica e pratica e questo grazie alla mia volontà e all’aiuto prestatomi dai compagni, ma è anche vero che ho bisogno di ordinare un po’ le mie conoscenze e di avere una inquadratura”. Nella lettera dell’1 aprile 1952 scrive: “Pensavo che Pietro [Ilario Tabarri] mi scrivesse una lettera con delle novità, almeno mi parlasse un po’ del lavoro che dovrò svolgere quando sarò congedato, invece mi ha scritto un semplice biglietto di saluti”. L’ultima volta che dice a Riri che gli ha scritto è il 7 aprile 1952 per chiedere ancora una volta notizie su cosa farà quando un mese dopo rientrerà a Rimini. Tabarri non gli risponde.
Sia Riri che Alfredo si appoggiarono tantissimo in quegli anni ad Augusto Randi, e a proposito di Lui scrive a Riri nella lettera del 9 novembre 1951: “Nella tua lettera mi parli molto di Randi e mentre tieni conto delle sue attitudini e delle sue capacità ne rilevi i difetti e i lati negativi; ebbene Riri un compagno si conosce nel lavoro, nel modo in cui lavora ed è difficile dare dei giudizi sicuri e definitivi registrando solo alcuni suoi atteggiamenti, perché ognuno ha i suoi momenti di debolezza, ha i suoi momenti facili ad ironizzare, ha i suoi momenti in cui la comprensione è lontana, insomma ognuno ha le sue debolezze in momenti che possono essere particolari e critici”.
Nell’estate del 1952 Randi lascerà la responsabilità dell’organizzazione della Federazione del PCI riminese per entrare nella segreteria della CGIL riminese, avviata a diventare con il 1° Congresso svoltosi il 25-26 ottobre 1952, autonoma da Forlì, con competenza su tutti i comuni del Circondario riminese. Al Congresso sarà nominato Segretario Generale della CGIL riminese (alla guida di una segreteria composta da Antonio Bersani, Glauco Balestra, Guerrino Migani) e lo rimarrà sino a luglio 1955 quando rientrerà nell’apparato del PCI riminese e sarà eletto Segretario al posto di Mario Soldati (vedi il libro di Domenico Del Prete “Il processo di Via Barberia”).
Alfredo rientra a Rimini il 7 maggio 1952. Randi, in accordo con il Partito, lo porterà con sé in CGIL. L’1 luglio 1952 diventa funzionario della CGIL, nel 1954 entra nella Segreteria della Fillea (edili), la più importante categoria della CGIL, e nel 1958 ne diventerà il Segretario. Ma questa potrebbe essere un’altra puntata della storia della lunga vita sindacale e politica di Alfredo Arcangeli (per altro ampiamente narrata nel volume “La Camera del Lavoro di Rimini. 1903-2023”).