Lezione
I Giusti tra le Nazioni
A cura di Patrizia Di Luca, direttrice dell’Istituto per la Storia della Resistenza e dell’Italia contemporanea della provincia di Rimini.
Materiali
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i Giusti tra le Nazioni
Nel 1953, la Knesset, il Parlamento israeliano, ha adottato una legge concernente la memoria dei Martiri e degli Eroi e ha deciso di fondare un’istituzione ebraica universale sul Monte della Rimembranza (Har HaZikaron) a Gerusalemme, il Memoriale di Yad Vashem.
Uno dei compiti assegnati a Yad Vashem è quello di rendere omaggio e commemorare i «Giusti tra le Nazioni, che rischiarono la vita per salvare degli ebrei». Dal 1963 lo Yad Vashem ha istituito una Pubblica Commissione, guidata da un Giudice della Corte Suprema, per esaminare ogni caso sottoposto alla sua attenzione e conferire l’onorificenza.
Il titolo di «Giusto tra le Nazioni» viene conferito ai non ebrei che durante la Shoah, disinteressatamente e a loro rischio e pericolo, salvarono la vita agli ebrei. Il titolo viene assegnato sulla base della testimonianza dei sopravvissuti o di testimoni oculari o su documenti attendibili.
Dal 2009 Yad Vashem ha pubblicato un database online dei Giusti, in cui si può effettuare una ricerca per paese, per luogo di soccorso, per nome.
Il database è consultabile al seguente link: https://righteous.yadvashem.org/?/search.html?language=en
Ubaldo Pantani ricostruisce la storia incredibile di Bejski, salvato da Oscar Schindler. Moshe Bejski, ebreo polacco superstite della Shoah che, dopo la guerra, entrò nella Commissione dei Giusti.
Il Museo Ebraico di Bologna ha, nel 2017, dato il via ad un progetto di mappatura dei Giusti tra le nazioni emiliano-romagnoli. Tutti i materiali raccolti sono a disposizioni in una banca dati accessibile al pubblico.
Al sito del progetto http://giustiemiliaromagna.it/persone/ si trovano le storie e i luoghi per non dimenticare chi, mettendo a rischio la propria vita (e quella dei familiari) ha voluto non voltarsi dall’altra parte, ha deciso di soccorrere chi era perseguitato senza motivo.
VILLA EMMA: GIUSTI A NONANTOLA
1941: un gruppo di 40 giovanissimi ebrei provenienti da Austria e Germania resta bloccato a Zagabria dall’invasione tedesca; da lì con un’autorizzazione straordinaria del Ministero dell’Interno italiano, passano in Slovenia.
Restano per un anno a Lesno Brdo, fermati dai combattimenti: la Delasem (Delegazione Assistenza Emigranti Ebrei) individua nel frattempo a Nonantola Villa Emma, da tempo disabitata, come un posto ideale per ospitare i ragazzi. E alla stazione di Nonantola arrivano, il 17 luglio 1942.
Il 10 aprile 1943, si uniscono al gruppo altri 33 ragazzi fuggiti dalla Bosnia e dalla Croazia. Arrivano da Spalato accompagnati da Jakov Maestro, anche loro con un’autorizzazione ufficiale del Ministero. Sono in media più piccoli di quelli che già si trovano a Villa Emma. Ciò, insieme alla differenza linguistica, rende un po’ complicata la relazione tra i due gruppi.
Trovare cibo per 73 giovani (34 femmine e 39 maschi, tutti compresi tra i 6 e i 21 anni) in tempi di razionamento alimentare è molto difficile e costoso. Si deve ricorrere al mercato nero e, per fortuna, Villa Emma è in campagna, il che aiuta! I ragazzi ebrei arrivati a Villa Emma infatti si trovano in un ambiente contadino di provincia: Nonantola è un paese della campagna modenese, i suoi abitanti sono sparsi abitando in piccole frazioni, si dedicano principalmente all’agricoltura.
Così a Villa Emma ci si inventa una scuola per loro, in cui imparano un po’ di tutto: musica, ebraismo, sionismo, ebraico, italiano, storia, filosofia…..e le lezioni sono obbligatorie.
Tutto cambia l’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio. La situazione si fa pericolosa.
I responsabili del gruppo chiedono aiuto al medico condotto del paese, Giuseppe Monreali: bisogna cercare dei nascondigli per i ragazzi, tutti sanno che a Villa Emma ci sono dei giovani ebrei. Monreali suggerisce di chiedere ospitalità al seminario e la sua richiesta, perorata da don Arrigo Beccari (economo del seminario) viene accolta dal rettore, Monsignor Ottaviano Pelati.
I tedeschi arrivano a Nonantola il 9 settembre: non trovano nessuno a Villa Emma; i ragazzi che non sono potuti andare in seminario sono stati nascosti da alcune famiglie del paese.
Il timore che siano scoperti è però sempre più forte e così, grazie a carte d’identità che non riportano la loro religione, si tenta la strada della Svizzera.
I giovani, divisi in 3 gruppi, lasciano Nonantola tra il 6 e li 16 ottobre 1943 e raggiungono la Svizzera dopo un viaggio avventuroso e rischioso. Qui trovano asilo e una volta conlusa la guerra, partono per la Palestina in nave. Tutti tranne 1: Salomon Papo, giunto a Villa Emma col secondo gruppo, al momento di partire è ricoverato per tubercolosi e quindi non può lasciare l’ospedale. Verrà arrestato: il suo nome è registrato nella lista del convoglio che da Fossoli parte per Auschwitz il 5 aprile 1944.
Lo stesso destino toccherà a Gofferdo Pacifici, funzionario della Delasem, che non volle passare il confine con la Svizzera dopo aver accompagnato i giovani: desideroso di aiutare altri ebrei a passare la frontiera sarà arrestato e deportato ad Auschwitz col fratello.
La storia siamo noi ha dedicato una puntata alla storia di Villa Emma: