Proposta già nel maggio 2018 per iniziativa della Lega, e con l’approvazione delle due Camere quasi all’unanimità fra il 2019 e questo aprile 2022, il Parlamento ha istituito una Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini, indicando per questo la data del 26 gennaio in memoria della battaglia di Nikolajewka (1943):in quella occasione le truppe italiane, inviate dal fascismo in guerra di aggressione all’Unione Sovietica, riuscirono a rompere l’accerchiamento, a prezzo di gravissime perdite, e iniziarono la ritirata che concluse la disastrosa spedizione della Armata italiana in Russia, con più di 84.000 uomini morti e dispersi.
Come in tutti i casi in cui la politica interviene proponendo l’inserimento di date nuove nel calendario civile – senza mai peraltro consultare preliminarmente gli storici, le storiche e le loro associazioni – si tratta di una questione assai complessa. Intanto scopo dichiarato della legge è il “promuovere i valori della difesa della sovranità e dell’interesse nazionale”, il che lascia molto perplessi in tempi di diffuso sovranismo e di nuovi nazionalismi.
Il punto vero è che il ‘calendario civile’ repubblicano è ormai quasi saturo di date irrinunciabili e di livello internazionale (il 27 gennaio, Giorno della memoria), di date importanti a livello nazionale (il 10 febbraio, Giorno del ricordo, o il 9 maggio, Giorno delle vittime del terrorismo), di date non entrate nel sentire comune (Giornata del ricordo dei caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace, 12 novembre) o istituite e presto dimenticate (Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera, 17 marzo). Alcune di tali date hanno un senso indiscusso e permanente per tutte le italiane e gli italiani di oggi, altre sono mera decisione di una forza o di una maggioranza politica. L’impressione è che questa Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini, al di là di ogni intenzione, finisca per essere di questo secondo tipo.
Se si voleva ricordare il valore militare degli italiani in armi – sia in una guerra sbagliata e di aggressione come quella fascista, sia in quella di Liberazione del Paese dal fascismo – molti altri episodi potevano essere prescelti. Soprattutto, perché scegliere quella data, così vicina all’internazionale Giorno della Memoria? Sappiamo bene che la ritirata degli alpini in Russia, narrata in opere letterarie di grande successo, ha assunto toni epici e fa parte ormai dell’identità di quel corpo; ma se anche solo si fosse voluto ricordare l’impegno e il sacrificio degli alpini, perché ancorarlo proprio a una battaglia della esecrabile e disastrosa, sul piano militare, guerra di aggressione all’Unione Sovietica e non invece all’impegno di solidarietà che questi italiani – in uniforme o, poi, senza di essa – hanno profuso e profondono nell’ausilio alle popolazioni colpite dalle calamità naturali (dal terremoto del Friuli alla recente pandemia di Covid19)? Oppure alla data del 15 ottobre, quando nel 1872 fu istituito con Regio decreto il corpo degli alpini? Già nel marzo 2019 e poi nel giugno 2020, la stessa Associazione nazionale alpini, informata dell’iniziativa e non sua patrocinatrice, come non lo è stato il Comando truppe alpine, in audizione parlamentare aveva affermato di essere disponibile a considerare l’indicazione di date diverse da quelladel 26 gennaio, inopportuna ma testardamente voluta e infine approvata dal Parlamento.
Ancora una volta una questione storica assai complessa viene affrontata in sede politica con una norma che vorrebbe istituire una memoria pubblica condivisa, ma che sceglie una data che, vista dall’esterno e da lontano, configura una discutibile iniziativa politica, peraltro in giorni tragici in cui la congiuntura politica internazionale vede, nelle stesse terre dove si svolsero i fatti ricordati dalla data prescelta per la Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli alpini, il ritorno della guerra con i suoi orrori e atrocità.
Consiglio di Amministrazione
dell’Istituto nazionale “Ferruccio Parri”
Rete degli istituti storici della resistenza e dell’età contemporanea