Lezione
La deportazione dall’Italia
A cura di Michela Cerocchi, educatrice e ricercatrice – Centro Studi e Movimenti di Parma.
Materiali
Qui trovi alcuni materiali per approfondire il tema:
LA DEPORTAZIONE DALL’ITALIA
Nell’ottobre e nel novembre 1943, le autorità tedesche rastrellarono gli Ebrei a Roma, Milano, Genova, Firenze, Trieste e altre città nel nord Italia. Essi aprirono poi dei campi di transito, amministrati dalla polizia, dove concentrare gli Ebrei prima della deportazione: uno a Fossoli di Carpi, circa 12 chilometri a nord di Modena, uno a Bolzano, nel nordest, e un altro a Borgo San Dalmazzo, vicino al confine con la Francia
Dai campi di transito del nord Italia i Tedeschi deportarono ad Auschwitz-Birkenau 4.733 Ebrei, dei quali solo 314 sopravvissero.
Le autorità tedesche deportarono 506 Ebrei in altri campi: Bergen-Belsen, Buchenwald, Ravensbrück e Flossenbürg. La maggior parte di questi prigionieri era costituita da Ebrei residenti in Libia, alcuni di nazionalità britannica e francese. Le autorità italiane avevano trasferito questi Ebrei dalla Libia all’Italia nel 1942 e perciò essi caddero in mani tedesche nel settembre 1943. Gli Ebrei libici costituirono la maggior parte di coloro che vennero mandati a Bergen-Belsen (su un totale di 396). Si pensa che tutti gli Ebrei mandati a Bergen-Belsen, inclusi quelli provenienti dalla Libia, siano sopravvissuti.
Le autorità tedesche deportarono anche ad Auschwitz 328 Ebrei dal campo di Borgo San Dalmazzo – dopo averli fatti passare per il campo di Drancy – dei quali solo 10 sopravvissero, e altri 1.820 provenienti da Rodi e da Kos, dei quali se ne salvarono 179.
A Trieste, nel 1943, era stato nominato comandante della Polizia e Alto Ufficiale delle SS il General-Maggiore Odilo Globocnik, già comandante dell’Operazione Reinhard (la quale prevedeva l’eliminazione di tutti gli Ebrei risiedenti all’interno del cosiddetto Governatorato Generale, nella parte di Polonia occupata dai Tedeschi) e i Tedeschi deportarono circa un quarto della popolazione ebrea che risiedeva nella città prima della guerra. Inoltre, le SS e la polizia crearono il campo di transito e di concentramento Risiera di San Sabba, vicino a Trieste, dove torturarono e uccisero 5.000 persone, la maggior parte delle quali era costituita da prigionieri politici.
Nell’autunno e nell’inverno a cavallo tra il 1943 e il 1944, utilizzando volontari italiani e slovacchi – sotto il controllo di personale militare non nominato ufficialmente ma appositamente selezionato e addestrato nel campo di Trawniki, in Polonia – le SS e gli agenti di polizia di Trieste concentrarono a San Sabba circa 1.200 Ebrei, la maggior parte proveniente da Trieste stessa, e ne deportarono poi 1.122 ad Auschwitz e 55 a Ravensbrück e Bergen-Belsen. Di coloro che furono inviati ad Auschwitz, soltanto 85 riuscirono a sopravvivere.
In tutto, i Tedeschi deportarono 8.564 Ebrei dall’Italia e dalle zone occupate dagli Italiani in Francia e nelle isole di Rodi e di Kos, la maggior parte ad Auschwitz; degli oltre ottomila deportati, solo 1.009 fecero ritorno. Inoltre, i Tedeschi fucilarono 196 Ebrei sul suolo italiano, la metà dei quali nell’eccidio delle Fosse Ardeatine, nel marzo del 1944. Altri 100 circa morirono nei campi di transito, o in prigione, oppure mentre si trovavano sotto custodia della polizia, in tutto il paese.
https://encyclopedia.ushmm.org/content/it/gallery/italy-stories
La storia di Franco Cesana è una di queste:
I genitori di Franco erano Ebrei e vivevano a Bologna. Anche quando il leader fascista Benito Mussolini assunse il potere in Italia, nel 1922, la comunità ebraica di Bologna continuò tranquillamente la propria vita. Come molti Ebrei italiani, la famiglia di Franco era ben integrata nella società italiana e Franco frequentava le scuole elementari statali.
1933-39: Quando Franco aveva 7 anni, Mussolini promulgò le leggi razziali contro gli Ebrei a seguito delle quali Franco venne espulso dalla scuola e cominciò a frequentare una scuola ebraica, improvvisata in tutta fretta nei locali di una sinagoga di Bologna. Franco non riusciva a capire perché era stato costretto a lasciare i propri amici solo perché era Ebreo. Dopo la morte di suo padre, nel 1939, si trasferì con la madre e suo fratello maggiore Lelio a Torino dove cominciò a frequentare la scuola religiosa.
1940-44: Nel luglio del 1943, Mussolini perse il potere. Due mesi più tardi i Tedeschi occuparono l’Italia e presero il controllo del Nord del paese, dove vivevano non solo la famiglia di Franco, ma anche la maggior parte della popolazione ebraica italiana. Gli Italiani fino a quel momento avevano cercato di proteggere gli Ebrei, ma quando i Tedeschi presero il controllo della zona settentrionale del paese, la famiglia Cesana fuggì sulle montagne. Lelio si unì alla brigata partigiana Giustizia e Libertà e, pur avendo solo 12 anni, Franco lo imitò, orgoglioso del fatto che così tanti Ebrei combattessero nella Resistenza.
Franco venne ucciso dai Tedeschi mentre si trovava in ricognizione sulle montagne. Il suo corpo venne restituito alla madre il giorno del suo tredicesimo compleanno. Era stato il più giovane partigiano italiano.
Alcune testimonianze video di ebrei italiani deportati
Luciana Nissim Momigliano
Luciana Nissim nasce il 20 ottobre 1919 a Torino in una famiglia colta e agiata. Di origine ebrea riscopre i suoi legami con l’ebraismo a seguito delle leggi razziali del 1938 e prende a frequentare la biblioteca della scuola ebraica dove incontra tra gli altri quelli che saranno gli amici della vita: i fratelli Artom, Franco Momigliano (che diventerà suo marito), Vanda Maestro, Eugenio Gentili Tedeschi, Primo Levi, Giorgio Segre, Giorgio Diena, Alberto Salmoni e Bianca Guidetti Serra.
Dopo l’8 settembre 1943, con la famiglia e l’amica Vanda si rifugia in Val d’Aosta, dove, dopo qualche tempo, le due ragazze entrano in contatto con la banda partigiana in formazione di cui fa parte anche Primo Levi e che tra il 12 e 13 dicembre subisce un rastrellamento fascista che porterà i tre amici prima nelle carceri di Aosta e quindi a Fossoli.
A Fossoli a loro tre si unisce Franco Sacerdoti e i quattro diventano inseparabili. Insieme salgono sul convoglio che il 22 febbraio parte per Auschwitz.
https://www.youtube.com/watch?v=XzfpzI6Uk5M
Mario Limentani
Mario Limentani, originario di Venezia ma trasferitosi a Roma in tenera età giovanissimo, visse nella capitale fino all’impatto scioccante con le leggi razziste del 1938. Arrivarono poi la guerra, la fame, i bombardamenti, la caduta del fascismo, l’occupazione tedesca, la raccolta dell’oro e la tragica alba del 16 ottobre del 1943, con la retata degli ebrei in tutta Roma, durante la quale i Limentani si nascosero in uno scantinato sottraendosi, per quella volta, alla cattura da parte delle SS di Herbert Kappler. Purtroppo il ventenne Mario Limentani, come centinaia di altri ebrei romani, che aveva aderito alla Restistenza, finì comunque tra le grinfie dei nazisti, qualche settimana dopo, a fine dicembre del 1943, nei pressi della Stazione Termini, forse a causa di una delazione della celebre spia ebrea Celeste Di Porto, detta la Pantera Nera. E ad arrestarlo e a consegnarlo ai nazisti furono alcuni fascisti, a testimonianza di quanto pesò il collaborazionismo italiano nella vicenda della Shoah. Incarcerato a Regina Coeli, il 4 gennaio del 1944 Mario Limentani venne condotto al binario n. 1 della Stazione Tiburtina e caricato su un vagone piombato in partenza per il Reich, assieme a circa 300 altri deportati.
Tra i suoi compagni di viaggio, in maggioranza politici, vi erano i nipoti di Badoglio, Pietro e Luigi Valenzano eFilippo D’Agostino, uno dei fondatori del partito comunista d’Italia. Ma vi erano anche una decina di ebrei. All’arrivo a Mauthausen, a Limentani, registrato come ebreo, venne cucita sulla tuta a righe «una stella fatta con due triangoli: uno rosso con IT nero perché era italiano ed era arrivato con i politici e uno giallo perché di religione ebraica.