A Liliano Faenza, amico e collaboratore dell’Istituto storico dal 1978, membro del suo direttivo, il Comune di Rimini ha dedicato una strada adiacente alla via Pascoli, poco lontano dalla casa in cui viveva.

A partire dal suo fondamentale Comunismo e cattolicesimo in una parrocchia di campagna (Feltrinelli, 1959), che ha anticipato di alcuni decenni gli studi accademici di “storia dal basso”, Liliano è stato autore di studi fondamentali per la storia cittadina. Inventore di un nuovo genere storiografico, che mescolava storia pubblica e storie private, raramente trascendeva il microcosmo riminese, anzi lo usava come la lente attraverso cui leggere il mondo, e ciò vale anche per i suoi fondamentali saggi dedicati al fascismo, che coincise con la sua infanzia e poi la giovinezza.

Liliano, protagonista del movimento socialista riminese, del quale è stato uno studioso acuto e profondo, si è impegnato in varie istituzioni culturali, storiche e politiche cittadine, fra cui il Centro Educativo Italo Svizzero, ma è stato soprattutto uno studioso e un finissimo scrittore. Faenza, che amava definirsi un “inurbato”, poiché abitava nel Borgo XX settembre, che un tempo stava fuori dalle mura della città, ogni mattina, puntualissimo, arrivava in Istituto con lo zainetto in spalla, ricorda Antonio Mazzoni, “si accomodava al tavolino predisposto per le sue esigenze di studio e iniziava a consultare appunti e documenti che custodiva in appositi faldoni, due per l’esattezza. Poi saliva ai piani superiori, nelle stanze della Biblioteca Gambalunga, e scendeva nuovamente poco prima di mezzogiorno”, e ritornava nel suo Borgo, dove c’era stata “l’università” della sua adolescenza: vale a dire la bottega di Tugnin l’anartic, il barbiere che amava dissertare su Gori e Malatesta, Zola e Anton Cechov, e soprattutto sulle opere liriche.

Esprimiamo il nostro plauso all’Amministrazione comunale per aver dedicato una strada a Liliano Faenza, che non ha mai cessato di scrivere di Rimini senza però essere un intellettuale di provincia. Non poteva certo esserlo, poiché Rimini, scriveva ironicamente nella Premessa di Venti secoli e passa “era l’ombelico del mondo”.

La targa che oggi scorgiamo in una traversa di via Pascoli ci conferma ciò che il nostro “amico con lo zainetto” ha sempre pensato: “che di un autore contano solo le opere”.