Una legge promulgata nel dicembre del ’37 definisce “lesiva del prestigio di razza” la relazione tra italiani e “sudditi” delle colonie africane. Nel giro di un anno, il Governo fascista delibera pure che i cittadini ebrei non appartengono alla razza italiana. La mala pianta del pregiudizio e della pretesa superiorità “ariana”, si diffonde a macchia d’olio nel Paese e si radica anche in territorio riminese, mettendo a dura prova la vocazione cosmopolita della riviera.
I provvedimenti razzisti sconvolgono l’esistenza dei residenti italiani e stranieri di religione ebraica e di correligionari in cerca di un rifugio dalla persecuzione, braccati fino all’ultimo giorno con singolare accanimento dalle autorità e dalle forze di polizia negli anni di per sé drammatici della guerra. All’epoca le località balneari, come pure quelle montane e termali, erano inserite in una graduatoria di qualità, al fine di escludere dalle sedi definite di lusso i clienti di religione ebraica, soggetti comunque a limitazioni e al rilascio di appositi permessi.
L’opera offre una ricognizione documentata sulle vessazioni subite da tali cittadini – residenti, fruitori di seconda casa, villeggianti e infine sfollati di guerra – nel territorio costiero tra Bellaria e Cattolica dal 1938 al 1944. Vengono messi in luce anche i rapporti con l’ambiente sociale e politico dei vari comuni, segnato dagli effetti della dittatura e dalle vicende belliche.