27 giugno 1980: la strage di Ustica

La storia del volo IH 870 è uno dei più famosi misteri di Italia: piena di opacità, di depistaggi e di menzogne è, soprattutto, una storia nazionale e internazionale con ottantuno vittime e sedici successive morti sospette.

Il 27 giugno 1980 il DC-9 I-TIGI della compagnia Itavia decolla alle 20,00 dall’aeroporto “Guglielmo Marconi” di Bologna con destinazione Palermo.
Alle 20,59 e 45 secondi dal radar di Ciampino il volo IH 870 sparisce.
Alle 21,22 iniziano le operazioni di ricerca nel Tirreno e solo all’alba del giorno successivo un elicottero, partito da Catania, segnala prima alcuni detriti in affioramento, poi una chiazza oleosa di cherosene, infine oggetti, sedili, cuscini e… dei corpi.
Le indagini – avviate dalle procure di Palermo, di Roma e dal Ministero dei Trasporti – portano a formulare alcune ipotesi:
• un cedimento strutturale, accusando l’Itavia di cattiva manutenzione;
• un attentato con una bomba posta nella toilette di coda del velivolo;
• una collisione con altri aerei;
• un missile che, per errore, avrebbe colpito il DC-9.

Quest’ultima possibilità trova sostegno nel ritrovamento dei resti di un Mig libico sulle montagne della Sila in Calabria, tre settimane dopo la tragedia …
Sono gli anni non solo della Guerra Fredda ma anche di un’ambivalente politica estera italiana: il nostro Paese – al centro dell’ <<area a rischio >> del Mediterraneo – ha una “moglie americana” (fa parte della Nato) e “un’amante libica” (il governo di Gheddafi è un importantissimo partner commerciale che detiene il 10% delle azioni della FIAT così come caccia libici sorvolano spesso lo spazio aereo italiano senza autorizzazione o con tacito consenso).

Sulla vicenda di Ustica per sei anni cala un pesante e colpevole silenzio delle istituzioni, dell’opinione pubblica e dei media, che si unisce a una strategia di depistaggi, di omertà e di censure soprattutto da parte dell’Aeronautica Militare con il rischio che la tragedia finisca “rubricata come un misterioso incidente aereo non solo presso la Procura di Roma, ma anche nella memoria degli italiani” (C. Ranci).
La svolta avviene nel 1986 grazie alla determinazione di alcuni giornalisti, in particolare A. Purgatori con i suoi articoli pubblicati sul “Corriere delle Sera”, e all’appello al Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, da parte del “Comitato per la verità di Ustica”, formato da eminenti intellettuali e uomini politici.
Così due impegnative campagne di recupero nel Tirreno a 3700 metri di profondità permettono di ritrovare il 96% del DC-9 e il caso Ustica diventa oggetto di indagine della Commissione Parlamentare Stragi, presieduta dal senatore Gualtieri, mentre procede e si intensifica l’attività della magistratura che, nel 1999, giunge finalmente a una verità giudiziaria, per quanto tragicamente incompleta.

La sentenza-ordinanza del giudice Rosario Priore così si conclude:

“L’incidente al DC-9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento, il DC-9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un’azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. Nessuno ha dato la minima spiegazione di quanto avvenuto”.

Quella sera del 27 giugno, manovre di aerei militari – “guerra di fatto e non dichiarata” – hanno determinato una strage: dopo quarant’anni, i familiari e i cittadini italiani aspettano di conoscere gli ultimi tasselli di verità, perché Ustica torni a essere solo una bellissima isola del Mediterraneo e non una ferita aperta nelle coscienze, nella memoria e nella storia del nostro Paese.

Maria Rosaria Di Dedda
Responsabile Commissione didattica ISRIC-R